Storia

Il paesino di Lizzano è situato nell'alto Salento, nella provincia di Taranto. Ha un territorio molto vasto con una marina altrettanto grande che si estende con una fascia dunosa e sabbiosa sulla litoranea salentina. E' situato circa a 67 metri sul livello del mare su di una collina che sovrasta il paesaggio che trabocca di uva e cereali.
Lizzano è un tranquillo paese sorto, probabilmente, prima dell'anno mille, nel mezzo di una collina rocciosa rotta da stradine e piccole salite da una parte e digradante dall'altra verso la pianura che si allarga fino ad arrivare al mare. Tutt'intorno, terre arse ma lavorate e rese fertili da quegli uomini schivi, riservati e un po' rudi che sono i lizzanesi, per cui il paese può vantare una produzione generosa di uve, olive, mandorle. L'origine del suo nome è incerto: alcuni affermano che derivi da "lizza", steccato nel quale, durante il medioevo, scendevano i cavalieri per combattere, altri fanno derivare la parola da "leccio", pianta della famiglia delle querce di cui la zona era ricca.
Lo storico Ferrari afferma che Lizzano, come paese, si sarebbe costituito nel secolo XI per volontà di Albiria, figlia del conte normanno Tancredi. Ma già qualche secolo prima era esistito come casale ed aveva ospitato alcuni monaci. Lizzano divenne feudo nel 1315 e passò alla famiglia Ayello. Successivamente, nel 1463, a causa della caduta del Principato di Taranto, Lizzano venne annesso al Regno di Napoli e da alllora ne condivise le sorti. Verso la metà del XV secolo, insieme ad altri casali, venne saccheggiato dai Saraceni o, secondo altre fonti, dai soldati albanesi di Giorgio Castriota Scanderbeg. Nella seconda metà del XV secolo, Lizzano venne restituito da Ferdinando I, re di Napoli, ad Andrea Ayello il quale ne fece una baronia.
Nel 1500, il paese era governato da Nicola Ayello, che lo aveva ereditato dal padre Andrea. Durante il suo regno a Lizzano c'erano 49 famiglie per un totale di 250 abitanti, numero non del tutto esatto, perchè solo le persone che pagavano le tasse venivano censite. In questo secolo la popolazione lizzanese crebbe di numero, nonostante le numerose epidemie di peste.
Nel XVII secolo, la pianta urbana di Lizzano aveva forma quadrangolare. Il paese non aveva una cinta muraria e vi si poteva accedere da ogni direzione. Le case erano tutte a pian terreno, la maggior parte di esse coperte "a cannizzo" (stuoie di canne); facevano eccezione alcune abitazioni poste sulla strada principale che avevano due piani e la "lamia" (soffitto in muratura). C'erano, inoltre, altri edifici come la Chiesa del Crocifisso, disposte in diversi punti di Lizzano. Ogni casa possedeva dei pozzi o cisterne. Le ragazze trascorrevano le loro giornate a filare. Nelle case dei contadini, le stanze da letto erano arredate con mobili semplici ed i letti erano di sacconi o materassi di lana. Ogni contadino provvedeva a procurarsi la legna necessaria dalle macchie, dove pascolavano gli animali. Buona parte del territorio era adibito a pascoli ma non mancavano terreni coltivati a vigneti e uliveti; sul tutto dominava la macchia mediterranea. Verso il mare c'era una fontana dove potevano abbeverarsi circa 3000 pecore e 800 capre. Da alcuni speciali arbusti  che crescevano nelle macchie, si ricavava un olio utilizzato in cucina dalle massaie. Lizzano era governato da un sindaco e altri quattro dipendenti scelti dall'Università e in seguito confermati dal barone.
In ambito ecclesiastico, Lizzano era sottoposta allArcivescovo di Taranto che sceglieva un arciprete per ogni casale. L'arciprete svolgeva le sue funzioni aiutato da dieci sacerdoti. Nella chiesa, che si trovava su una grande piazza di fronte al palazzo baronale, si svolgevano sei messe al giorno.
C'erano inoltre numerose masserie; ricordiamo quella di Porvica che aveva 700 tomoli adibiti a pascolo e a seminativi e circa 48 tomoli adibiti alla coltura della vigna. Il casale apparteneva in quegli anni a don Ottavio Clodinio che morì senza alcun legittimo erede in linea feudale e fortemente indebitato per cui i beni mobili ed immobili furono venduti a don Marcello de Luca della città di Molfetta. Il marchese Marcello de Luca fu possessore del feudo di Lizzano per alcuni anni, quindi gli successe per eredità materna la famiglia Chyurlia che tenne tale feudo fino agli inizi del '900. Lizzano non possedeva una casa comunale e venne fatta richiesta a Nicola Chyurlia di costruirne una in piazza. L'unica famiglia che si poteva considerare veramente agiata era quella del marchese che, però, risiedeva nella capitale.
L'11 Agosto 1844 Pasquale Nisi, che sostituiva il sindaco, propose che il 7 Agosto, giorno di Gaetano di Thiene, si tenesse nel paese una fiera. La proposta venne accolta favorevolmente dal sindaco di Lizzano. Il 6 Gennaio 1853 lo stesso decise di versare un canone annuo di 18 ducati per il ripristino dei lavori del convento. Il 24 Marzo 1854 venne fatta richiesta di far tenere a Lizzano nei giorni 17 e 18 Maggio la fiera di San Pasquale Baylon; questa richiesta venne accettata e, infatti,  il 26 Marzo 1856, il comune spese 2 ducati per far stampare il manifesto della fiera di San Pasquale, da far affiggere in tutti i paese della provincia. Ancora oggi la fiera si svolge con grande coinvolgimento della cittadinanza e imponenti decorazioni luminose del corso.Il 7 Giugno 1857 fu fatta richiesta al comune da Angelo Domenico Tripaldi di ricevere gratuitamente 50 palmi quadrati di suolo, al fine di costruire a sue spese un Calvario. La richiesta venne accettata e così Lizzano ebbe "Il Calvario".
Il 18 Dicembre 1869 Vittorio Emanuele II decretò che le frazioni di Torricella e di Monacizzo fossero distaccate dal comune di Sava e unite a quello di Lizzano ma, nel 1956, tutto ritornò come prima.
Nello stemma di Lizzano è rappresentata emblematicamente una quercia con la scritta "fracta et ligata refloret" (spezzata e legata rifiorisce); il significato intrinseco è che i lizzanesi sono eroici, resistenti e coraggiosi come la quercia che con una semplice legatura è capace di rifiorire. lizzano, a dire il vero, fino a dopo l'unità d'Italia, sicuramente non possedeva un proprio simbolo, a differenza della maggior parte dei comuni del sud, e la sua nascita è incerta, perchè non ci sono documenti attendibili che la testimoniano.